“Vi sono molte cose che non sappiamo sul Parkinson e attraverso questa donazione abbiamo la possibilità di cambiare il paradigma di presa in carico di questa malattia devastante. La collaborazione con le comunità scientifiche e mediche italiane è un elemento chiave di questo programma di cui beneficeranno entrambi i Paesi. Ho pensato fosse giusto destinare le mie donazioni ai due Paesi a cui sono legato da particolare gratitudine, l’Italia che mi ha dato i natali e l’educazione e gli Usa che mi hanno dato generose opportunità di crescita professionale.”

 

Paolo Fresco

Fresco Parkinson Institute

La storia del Fresco Parkinson Institute italiano nasce proprio qua nei giardini prospicenti Villa Allodola, la casa che mia moglie ed io avevamo acquistato come nostro “buen retiro” rientrando da una lunga permanenza all’estero durata più di venti anni, prima a Londra e poi a New York.

 

Marlène è stata la mia casa e la mia gioia per quasi mezzo secolo. Donna solare, era la compagna ideale, la mia inesauribile sorgente di ottimismo e joie de vivre, doti naturali che lei personificava.

 

Una mattina di marzo del 2005 camminavamo insieme tra gli ulivi del nostro giardino. Si inciampò e cadde e scoppiò in quella risata squillante, un “fou rire” incontenibile che la possedeva sempre quando vedeva qualcuno cadere, o cadeva lei stessa. Risi anch’io con lei, ma pensai che queste cadute si erano ripetute spesso, troppo spesso negli ultimi tempi. Così, con una gioiosa risata, cominciò in realtà la nostra odissea personale. Dopo innumerevoli controlli con ortopedici, gerontologi, neurologi le diagnosticarono una forma di Parkinsonismo. Mi ricordo che la mia prima reazione fu di rallegrarmi del fatto che almeno non fosse un vero Parkinson, ma il neurologo mi disse che purtroppo ne era il cugino cattivo, molto cattivo.

 

All’epoca non sapevo nulla di queste malattie. Imparai “the hard way” con Marlène.

 

Da tempo avevamo deciso che, non avendo figli, avremmo dedicato la maggior parte dei nostri risparmi ad opere di bene, e decidemmo quindi di fare della lotta contro il Parkinson il primo obiettivo della nostra fondazione.

 

Ne parlai con gli amici americani, Jack Welch che era stato il mio capo in GE per tanti anni e Ken Langone che era Presidente della NYU Langone Hospital a New York, e con quelli italiani di sempre. Conclusi che avrei fatto una donazione che beneficiasse sia gli Stati Uniti, il paese che mi aveva consentito la mia carriera lavorativa sia l’Italia, il mio paese d’origine: due paesi ai quali dovevo molto e mi sentivo in obbligo di “give back” di restituzione di quanto da essi avevo ricevuto.

 

Cominciai con una cospicua donazione alla New York University che divenne il nostro partner scientifico di riferimento.

 

Marlene si indeboliva, il nostro progetto si rafforzava.

 

Nel 2015 abbiamo stabilito un’organizzazione italiana, il Fresco Parkinson Institute Italia, con sede qui a Fiesole. Con l’aiuto dei nostri partners americani abbiamo creato una rete di centri italiani specializzati nella ricerca, cura e riabilitazione a favore dei malati di Parkinson, centri da noi sovvenzionati, con l’obiettivo di sostenerne le attività e sviluppare progetti di cooperazione fra essi stessi e con i partners americani.

 

La mia esperienza in General Electric mi aveva insegnato che un dialogo fra le due culture, fra rigore cartesiano e libera creatività poteva generare una miscela molto potente. Il progresso ottenuto, il riconoscimento del nostro network da parte della Parkinson Foundation americana confermano questa intuizione.

 

Col tempo Marlène ed io avevamo capito, purtroppo per nostra esperienza diretta, quanto per i malati sia importante anche l’assistenza che ricevono durante il faticoso percorso della malattia. Continuavamo a dedicare attenzione alla ricerca di una cura definitiva ma la nostra priorità era diventata la qualità di vita dei pazienti e dei loro cari. Nessuno vivrà per sempre, tutti però potrebbero viver meglio.

 

Per migliorare la qualità del Parkinsoniano non basta affidarlo a neurologi specializzati ma anche di poter contare su logopedisti, infermieri, fisioterapisti e dottori in scienze del movimento, “last but not least” badanti – tutti però con una preparazione specialistica per affrontare sintomi e necessità quotidiane peculiari del Parkinsonismo.

 

Per questo, accanto alla rete di strutture pubbliche e private che abbiamo tessuto tra le due sponde dell’Atlantico, ho inaugurato la Fresco Academy. Ha lo scopo, tramite i suoi corsi e le sue iniziative, di formare ad ogni livello personale specializzato nell’assistenza dei malati di Parkinson.

 

Marlène ci ha lasciati alla fine del 2015; mio fratello Alberto nel 2019 è stato stroncato dalla stessa malattia. Li ho assistiti con tutte le mie forze nella lotta contro la malattia: abbiamo purtroppo perso insieme la guerra, ma so che insieme abbiamo reso il percorso un po’ più vivibile.

 

Ancora oggi prendo ogni decisione importante dopo essermi posto questa domanda: Marlène ed Alberto approverebbero?